L’ultima scelta dell’Accademia della Crusca non piacerà ai puristi della lingua, ma ai fanatici del mondo social sicuramente sì. La parola “cringe” è entrata ufficialmente tra i nuovi vocaboli italiani, secondo gli studiosi dell’istituzione in materia di linguistica e filologia della lingua. Letteralmente vuol dire “imbarazzante” e si riferisce, in genere, a “scene e comportamenti altrui che suscitano imbarazzo e disagio in chi le osserva”. Ma l’utilizzo può essere anche sostantivato, andando quindi a significare “la sensazione stessa di imbarazzo” o “il fenomeno del suscitare imbarazzo e, in particolare, le scene, le immagini, i comportamenti che causano tale sensazione”.

La parola, utilizzata soprattutto sui social, e più in generale in rete, scrive l’Accademia della Crusca nella pagina dedicata, è infatti usata soprattutto tra i giovani e deriva dall’inglese to cringe. I significati originali sono diversi: “to draw in or contract one’s muscles involuntarily (as from cold or pain)“, tradotto “rannicchiarsi o contrarre i muscoli involontariamente come per il freddo o per il dolore”; “to recoil in distaste“, cioè “indietreggiare per il disgusto”; “to shrink in fear or servility” tradotto “rannicchiarsi per paura o per servilismo” e infine “to feel embarrassed and ashamed about something” e cioè “provare imbarazzo e vergogna per qualcosa”. Ma in realtà l’uso comune che troviamo sul web è soprattutto quello registrato sullo Urban Dictionary, e cioè il dizionario online di gergalismi compilato da utenti di lingua inglese e sta a significare “quando qualcuno si comporta o è così imbarazzante da farti sentire estremamente pieno di vergona e/o imbarazzato”.

Il primo utilizzo in Italia, secondo gli studiosi, risale al 2012, su Twitter. Ma già nel 2011 il termine cringe veniva usato per indicare il genere cinematografico americano cringe comedy, e cioè una comicità “imbarazzante” e incentrata “su gag a ripetizione che portano avanti la storia”. È però soprattutto nell’ultimo anno (forse per colpa dell’uso smodato dei social durante la pandemia?) che il termine si è diffuso in maniera esponenziale (tanto da meritare un posto nel prestigioso portale). Secondo l’Accademia della Crusca, al 1 dicembre 2020 le citazioni su Google erano oltre 400mila, mentre sui libri se ne contavano 2070. Un bel numero se si pensa che la parola, almeno per ora, non è neanche inserita nel dizionario di lingua italiana.

Ma è noto che le evoluzioni social rendono qualsiasi percorso più repentino. E così “cringe” può già vantare dei suoi derivati, come il superlativo “cringissimo”, il participio presente “cringiante”, l’infinito “cringiare” e il sostantivo femminile “cringiata”.

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